
Cari tutti,
come sapete, e con qualche giorno di anticipo rispetto al previsto, ho terminato il mio incarico in ATS Milano e sono ritornato al Ministero della Salute dopo molti anni di esperienza nel sistema sanitario di Regione Lombardia. Non è troppo tardi però per un saluto e per qualche riflessione conclusiva.
Voglio ringraziare tutte e tutti per gli anni vissuti, che mi hanno trasformato come professionista e come uomo; a partire da quando ci siamo trovati al Conservatorio e abbiamo provato a formulare insieme un piano strategico - ribattezzato “Saremo ATS” - che è rimasto sempre, sottotraccia, la nostra guida.
Poi è arrivata la pandemia e abbiamo dovuto reinterpretare il nostro ruolo, concentrandoci su come garantire il diritto alla salute in un momento in cui era necessario fornire indirizzi e certezze, pur in assenza di quest’ultime. La ripresa post pandemica non è stata da meno.
Infine la riforma, che ci ha coinvolto direttamente e ci ha nuovamente portato a ridefinire la nostra rotta.
Quando ho assunto l’incarico ero leggermente più giovane della media dei lavoratori: ora io sono inevitabilmente invecchiato e l’ATS, per fortuna, è molto ringiovanita. Ed è ai più giovani che vorrei dedicare queste ultime parole.
Il nostro lavoro consiste nel provare a rendere esigibili dei diritti. Impegniamo la nostra intelligenza e le nostre competenze perché gli alimenti siano più sani, gli ambienti di vita e di lavoro soddisfino le esigenze di salute delle persone, l’assistenza e le cure siano adeguate e accessibili, e tutti si sentano responsabili della qualità della loro esistenza. Una qualità che si può raggiungere vivendo bene e non rincorrendo l’illusione che qualche esame in più allontani malattie che nella grande maggioranza dei casi nascono dai nostri comportamenti e dalle condizioni di vita, di lavoro, ambientali.
Possiamo desiderare un lavoro migliore? Non credo.
Per questo dobbiamo sentire una responsabilità personale nel perseguire una finalità collettiva. E lo dobbiamo fare non con schemi del passato, ma interpretando il presente e disegnando il futuro con strumenti, modi e volontà che siano coerenti con i tempi che viviamo. Soprattutto siamo chiamati ad andare in direzione ostinata e contraria, recuperando un’idea di salute e un pensiero sulla salute come forma di coesione, tratto di civiltà ed espressione della possibilità degli uomini di evolvere. Fattori antitetici rispetto al mainstream che insistentemente continua a proporci la salute non come un diritto e uno stato da perseguire collettivamente, ma come un bene individuale che si può ‘comprare’ attraverso delle prestazioni sanitarie, e che compra chi può farlo.
In molti, nei messaggi di saluto, mi hanno ricordato lo spirito con cui abbiamo affrontato la pandemia, la capacità di trovare soluzioni innovative e di applicarle nell’immediato, di lavorare insieme, di andare oltre le proprie competenze.
E’ con questa postura che chiedo alle nuove generazioni di professionisti che lavorano per questa ATS di impegnarsi per rinnovare lo spirito del nostro SSN, garantire a tutti il diritto alla salute, con parole e mezzi nuovi ed a coloro che hanno un’esperienza di più lungo corso di condividere le conoscenze, continuare a porsi domande e favorire l’introduzione di innovazioni.
Alla direttrice protempore e a chi verrà, un augurio di buon lavoro e la garanzia che mi sarò sempre al fianco dell’ATS: a voi tutti una buona continuazione e l’invito a scrivermi o venirmi a trovare se avrete buone idee per dare futuro al nostro servizio sanitario.